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Associazione Culturale VARZI VIVA
Primula Rossa
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1943: la prima formazione di una coscienza politica nella popolazione
L'organizzazione delle bande dei "ribelli"
Le forze avversarie. La maledetta Sicherheit
Oltrepò, vita santa
Primula Rossa
"Oggi 4 dicembre 1943 ordine del manifesto delle forze armate repubblicane di
presentarsi a militare nella Repubblica, io come sempre sono stato antifascista,
parto per i monti e facendo opera antifascista tra i montanari di non presentarsi
nella Repubblica, e nel medesimo tempo per non dare sospetti compravo delle pelli e
rifornivo cartucce e, quando un bel giorno (11-1-1944), venni a sapere che a Varzi è
tutto tranquillo, mi recai in paese per rifornimenti in cerca di armi e munizioni."
Questo è l'inizio del diario di Angelo Ansaldi, nome di battaglia 'Primula Rossa'
che, seguendo la testimonianza di don Rino Cristiani, ha svolto un ruolo importante
nella lotta partigiana dell'alta Valle Stàffora.
Infatti don Rino afferma nel suo diario: "Il titolo di fondatore e di animatore del
movimento partigiano nell'alta Valle Stàffora, dico "Alta val Stàffora", va
riconosciuto a Primula Rossa (Angelo Ansaldi). Era questi un giovane di 22 anni:
alto, snello, divoratore di distanze, dotato di un ardimento non comune.
Quello che ha saputo compiere con la forza del suo esempio e del suo sacrificio, non
è un mistero per nessuno.
Le sue vere gesta, le numerose prove del suo coraggio, la sua presenza ovunque ci
fosse qualcosa da rischiare e da soffrire, fecero di lui giustamente, la più popolare
figura partigiana dell'alta val Stàffora, l'idolo dei nostri monti.
La val Stàffora, la val Curone, la val Borbera, il Bobbiese, tutti i comandanti
partigiani limitrofi, lo conobbero, lo ammirarono,… Soffrirono con noi al triste
annuncio della sua tragica cattura, esultarono alla sua liberazione, lo acclamarono
freneticamente quando, pur mutilato della sua gamba sinistra ed ancor sofferente,
riprendeva il comando…, suscitando ovunque quell'ondata di entusiasmo, il cui ricordo
è ancora vivo nelle nostre menti".
L'esperienza di Primula Rossa, all'inizio, è un fatto individuale, il rifiuto alla
chiamata alle armi fatta dalla Repubblica Sociale.
Detto il no, si tratta di sopravvivere usando le complicità malsicure di paese.
Raccoglie armi prevedendo una imminente rivolta armata. Proprio nel corso di queste
azioni individuali viene arrestato perché è stato tradito dalla solita spia.
Il capo della Sicherheits propone a Primula Rossa di entrare a far parte della
Repubblica Sociale. Accetta, è lasciato libero e ritorna a casa.
Dopo pochi giorni si ammala di pleurite e si fa ricoverare presso l'ospedale militare
di Voghera.
Per circa quattro mesi rimane in convalescenza, un po' all'ospedale e per circa tre
mesi a casa.
Quindi a metà maggio Angelo Ansaldi comincia la sua vita da ribelle, ancora solitario
o quasi, e la sua esperienza di vita alla macchia.
E' probabile che in questo periodo che viene a contatto con un'altra piccola banda di
"territoriali" che era nel paese di Dezza.
Quei pochi ribelli avevano pochissime armi. Allora Primula Rossa va a contattare il
gruppetto di Dezza che si unisce all'azione.
Viene occupato il passo del Penice; anzi, requisendo una corriera di Piazzardi si
giunge fino alle porte di Bobbio.
Lì la situazione è confusa, questi ribelli non sanno che fare. Tengono per qualche
giorno il passo del Penice e nel frattempo al gruppo si uniscono cinque o sei uomini.
***
Prima di proseguire nella lettura dei diari di Primula Rossa e di don Cristiani, ci
sembra utile informare sull'atmosfera che si era venuta creando nella zona che va dal
paese del Brallo fino a Dezza e fino al passo del Penice.
Abbiamo così potuto ricostruire gli albori della disubbidienza civile spontaneamente
effettuata dalla popolazione ed assieme la nascita di piccoli gruppi di ribelli che
aspettavano l'occasione propizia per cimentarsi nella prima azione di disturbo.
E' in questa situazione che capita con funzione coagulante e stimolante la
personalità di Primula Rossa.
Due essenzialmente erano le componenti di quell'atmosfera: la nera miseria di quelle
zone e la disperazione delle famiglie per il ritorno o il non ritorno dei figli che
hanno lasciato i reparti dell'esercito dopo l'8 settembre 1943.
Questa situazione ha aumentato il fenomeno della disubbidienza civile: anche il
novello stato repubblicano disorganizzato e velleitario non è in grado di far sentire
la presenza delle sue strutture amministrative e quindi ancor di più i giovani
sbandati del luogo cercano in qualche modo di organizzarsi, chi a Colleri chi a
Brallo e chi a Dezza, comune sito nel Piacentino, ma distante dal Brallo pochi
chilometri, al di là del crinale, sulla val Trebbia.
Il gruppo più numeroso, infatti, e più attivo è quello di Dezza: circa 15 uomini.
(continua)
Tratto da Il coraggio del NO
Figure e fatti della Resistenza nella Provincia di Pavia
Editrice Amministrazione Provinciale di Pavia
Stampato nel mese di marzo 1981
Tutti i diritti riservati
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