Ulteriori informazioni:Il salame di Varzi
Il 30 maggio 1989, la legge n° 224 riconosce la Denominazione di Origine Protetta
al Salame di Varzi quale degno riconoscimento ad una ricetta che, da secoli, viene
tramandata di padre in figlio.
Quando si parla di salame suino come prodotto di genuina qualità viene spontaneo pensare a Varzi.
Questo piccolo paese, immerso nella natura ancora quasi incontaminata della Valle
Stàffora, offre, oltre che aspetti paesaggistici di indubbia suggestione e monumenti di
rilevanza storica, la possibilità di assaggiare il frutto di una cultura contadina giunta
fino ai giorni nostri grazie a secoli di rigoroso perfezionamento.
In un contesto di tale importanza storico-sociale e gastronomica, considerando la guerra
dei gusti degli Anni Ottanta-Novanta e la necessità di discernere fra prodotti di consumo
di massa e ricercatezze da gourmet, si è arrivati, nel 1989, a tutelare la ricetta di
questo prodotto grazie ad una legge (*) che ne salvaguarda la denominazione di origine, la
delimitazione delle zone di produzione e le caratteristiche peculiari.
La tipicità del Salame di Varzi, attualmente tutelato dal marchio D.O.P. (Denominazione
di Origine Protetta) dell' Unione Europea, si fonde perfettamente con l'ostinazione dei
"vecchi varzesi", ormai pochissimi, vincolati a tradizioni familiari ed a schemi
artigianali unici nel loro genere.
Ma da dove giungono le prime notizie su questo prodotto? Certamente già nel XII secolo
era uno degli alimenti più ricercati sulla tavola dei marchesi Malaspina, i signori del
luogo, ma si presume che le sue origini derivino dai Longobardi, che portarono in
Lombardia innumerevoli usanze nordiche, fra le quali la conservazione della carne per
mezzo del sale.
La preparazione del Salame di Varzi avviene preferibilmente lo stesso giorno della
macellazione del suino (le caratteristiche medie di questi animali sono circa 150 Kg di
peso ed un anno di vita, al fine di garantire carni piuttosto mature e, nel contempo,
povere d'acqua). La ricetta "classica", tramandata di padre in figlio, prevede
l'utilizzo di una serie di componenti genuini che vanno dal suino pesante (esclusivamente
i seguenti tagli: spalla, coscia, lonza, filetto, coppa opportunamente snervata) alla
miscela di salagione (sale marino e aromi: infuso di aglio e vino rosso filtrato, pepe in
grani, spezie, noce moscata). L'impasto così ottenuto viene racchiuso in una sacca di
budella di maiale, legata a maglia con paziente attività manuale, e poi, dopo alcuni
giorni in calde soffitte ad asciugare, posto a stagionare in cantine fresche ed asciutte
per un periodo variabile da 45 giorni a 12 mesi, in relazione alle dimensioni
dell'insaccato. Si hanno così: la filzetta, il filzettone, il sottocrespone ed il cucito.
La qualità, ricercata invano anche altrove, non deriva solo dal dosaggio ottimale di
tutti questi ingredienti, bensì dal clima favorevole che nasce dal dolce connubio fra la
brezza marina, che filtra dalla vicina Liguria, e le fresche correnti d'aria che soffiano
a valle dalle cime dei monti Penice, Lesima e Colletta.
A stagionatura ultimata è possibile acquistare il salame direttamente nelle numerose
botteghe presenti all'interno dell'antico borgo e, durante la degustazione di questo
splendido prodotto della natura accompagnato, perché no, da un bicchiere di buon vino
locale, appare immediatamente comprensibile l'arcano segreto della sua ricetta. E se poi
qualcuno fosse così impaziente da non riuscire ad aspettare il tempo necessario al
perfezionamento naturale, niente paura! È sempre possibile farsi invitare nella cantina
di qualche varzese che, fra una parola in dialetto e vecchi motti, di certo non peccherà
di generosità nell'offrirgli ciò che ormai tutto il mondo considera come eccezionale.
Carlo Marenzi (© 1999)
(*) Legge 30 Maggio 1989, N°224