Il Borgo di Zavattarello e il Castello Dal Verme
(© Angelo Lazzati)
La presenza di una
rocca militare medioevale adibita ad abitazione nobiliare contornata da
un borgo medioevale da restaurare, ma sostanzialmente integro e da un
parco d’interesse sovracomunale di 80 ettari, delimitato da un
torrente dal corso suggestivo fanno di Zavattarello un luogo
semplicemente incantevole. A ciò si aggiunga la bellezza
selvaggia del territorio in boschivo al 70%, situato a semicerchio
attorno al castello a contornato dalle montagne facilmente
raggiungibili con vari percorsi.
La purezza dell’aria e l’ambiente incontaminato, la
qualità naturale dei prodotti, la presenza d’importanti
monumenti storici (Castello, Oratorio di San Rocco secolo XIV,
Parrocchiale di San Paolo, Cimitero Ottagonale, Borgo Antico)
costituiscono un’attrazione turistica permanente.
Il territorio e decorosamente servito da strutture turistiche,
alberghi, bar, ristoranti (circa una decina) e di numerose soluzioni
locative presso privati.
BREVE STORIA DEL BORGO DI ZAVATTARELLO
E IL SUO CASTELLO
Il Borgo Medioevale
di Zavattarello nasce dopo il Mille attorno alla rocca, entro mura e
fortificazioni difensive ed è collegato al Castello con vari
percorsi per facilitare il ricovero protettivo degli abitanti durante
gli assedi.
Nel territorio comunale esistono altri piccoli centri più
antichi di Zavattarello come Tovazza (Curtis Tubatize) Perducco,
Moline, San Silverio e Rossone (Villa Rusconum) che furono corti
d’antichi monasteri di Bobbio (San Colombano) e di Pavia
(Sant’Agostino).
La storia di Zavattarello trae comunque origine e sviluppo dal suo
Castello. Il castello, mirabile esempio di Rocca di difesa di epoca
feudale, sorge sulla sommità di un poggio arenarico in posizione
dominante le vallate del Morcione e del Tidone. Si alza massiccio e
severo nei suoi elementi architettonici essenziali e nel colore bruno
caldo dei suoi muri di pietra, in un legame ormai indissolubile con il
paesaggio collinare appenninico e con il pese che si estende ai suoi
piedi.
Tutta la costruzione si imposta sopra un ampio zoccolo fortemente
scarpato per cui anche l’accesso al Castello avviene solo
attraverso una scala esterna collegata ad una passerella fissa che oggi
sostituisce l’antico ponte levatoio. La roccia è stata
tagliata in punta e scavata letteralmente e gradoni per poggiarvi il
piano e le fondazioni.
Le prime menzioni di locali fortificazioni risalgono a documenti di
Ottone I degli anni 971 e 972, sempre in questo periodo è stato
rinvenuto un documento ove si accenna ad un “Castrum Novum
Molendinae” il ”Nuovo Castello di Moline”.La frazione
Moline, situata sul lato sinistro del torrente Tidone, è,
infatti, più antica rispetto al Borgo medioevale di Zavattarello.
Inizialmente fu feudo del Monastero milanese di S.Ambrogio, venne poi
conteso negli anni intorno al 1100 e 1200 tra il convento di
S.Colombano di Bobbio e la città di Piacenza, che se ne
impossessò nel 1169. Nel 1327 Lodovico il Bavaro lo diede a
Manfredo Landi. Nel 1358, Gian Galeazzo Visconti, convocò a
Zavattarello i Beccaria, i Landi e tutti i nemici dei pavesi formando
la lega di Voghera, Broni, Arena, Casei e Montalto. Nasce quindi, il
trattato di Zavattarello che consolida il dominio del Landi.
Nel 1385 il vescovo di Bobbio, Roberto Lanfranco Pisano, lo diede a
Jacopo Dal Verme, famoso capitano di ventura e nel 1390 la donazione
venne ratificata dal Papa Bonifacio IX. Jacopo Dal verme aveva
fondato qui una delle scuole di guerra più importanti
dell’Europa Medioevale, fu valoroso guerriero noto per due
battaglie, una combattuta ad Alessandria, l’altra con Firenze
all’epoca delle Signorie. Viene anche citato dall’Ariosto
nel XXIII canto dell’”Orlando Furioso”.
I Dal Verme da allora lo tennero quasi sempre fino ai nostri giorni
(1975 data della donazione al Comune di Zavattarello), tranne breve
periodi in cui se ne impossessarono il Duca Sanseverino e un tal
Bernardino Da Conte, favorito da Ludovico il Moro, che aveva fatto
avvelenare Giuseppe Dal Verme. Con la morte del Sanseverino, fedele a
Francesco I, avvenuta nella battaglia di Pavia nel 1525, i Dal Verme ne
entrarono in possesso stabilmente con tutto il territorio circostante
(Val Tidone, Val Trebbia, Valle Staffora) e fondarono il famoso Stato
Vermesco.
Tra il 1500 ed il 1530 i Dal Verme attuarono una radicale
ristrutturazione del Castello, tale ristrutturazione trova
giustificazione logica con l’invenzione delle armi di fuoco di
cui proprio Jacopo fu tra i primi a farne uso sin dall’inizio del
secolo precedente. Il lavoro principale fu il rafforzamento di tutte le
mura perimetrali, furono inoltre ampliati la scala interna ed il
cortile dotando la porta d’accesso di ponte levatoio.
La superficie del Castello è di mq. 2798, dei quali 636 occupati
dalla Rocca ed il resto dal ricetto e dagli spalti esterni. Il Castello
di Zavattarello è considerato una delle più tipiche
rocche di difesa medioevali, ancora strutturalmente integra, esistenti.
Vero unico esempio di architettura militare data la straordinaria
importanza strategica che rivestiva come centro dello Stato Vermesco.
Nel 1747, durante la guerra di successione austriaca il Castello
subì un attacco da parte di Franco – Liguri del Generale
Lintz e si sviluppò anche un principio di incendio. Nel 1800 vi
furono imprigionati alcuni reparti austriaci catturati dai comandanti
dell’esercito napoleonico. Negli anni intorno al 1930, grazie
all’intervento dei Conti Giuseppe e Titina Dal Verme, che lo
arredarono e arricchirono con preziose opere d’arte il Castello
rivisse il suo antico splendore.
Durante la Seconda Guerra Mondiale il Castello conclude la sua
lunghissima storia come protagonista di guerre, infatti, in una notte
del 1944, truppe tedesche lo attaccarono violentemente, lo
saccheggiarono e lo incendiarono per la temuta presenza di formazioni
partigiane. Da quella tragica notte ebbe inizio per il Castello un
periodo di forzato abbandono e di decadenza, a causa delle
difficoltà nell’affrontare la ricostruzione e il restauro
di un complesso monumentale tanto vasto quanto gravemente danneggiato.
L’incendio, infatti, aveva completamente svuotato un’ala,
della quale sono rimasti in piedi soltanto i muri perimetrali, ha
distrutto mobili, soffitti e pavimenti lignei lasciando completamente
spoglio e distrutto al suo interno.
Nel 1975 i conti Dal Verme ne hanno fatto donazione al Comune insieme
all’area boschiva circostante, vincolando il primo ad
attività culturali e turistiche, e la seconda a parco naturale.
Il Comune ha commissionato ed eseguito lavori per il recupero della
struttura. Ora l’edificio è destinato a visite guidate,
mostre, congressi, sale riunioni e manifestazione varie. L’area
che prevede l’istituzione di un parco di interesse sovracomunale
si estende, attorno all’antico Castello, per 70 ettari circa ed
è destinata a parco dallo strumento urbanistico adottato.
Trattasi di un’intera montagnola arenarica segnata da strade e
sentieri in ottime condizioni.
Negli ultimi anni l’Amministrazione Comunale, che ne è
proprietaria di circa il 50%, ha provveduto alla pulizia del bosco ed
al recupero totale dei percorsi ed è stato realizzato un
“percorso vita” attorno al Castello. Nel 1996 è
stata realizzata, lungo la strada millenaria fortificata che
congiungeva al Castello l’antico borgo medioevale, una zona di
ristoro con tavoli e panche in legno massiccio di abete. Storicamente
l’area in oggetto era zona di caccia del contado con
l’inserimento di una cascina “Colombaia” i cui
abitanti avevano il compito di mantenere la parte boschiva, che ancora
oggi è oltre l’80% di estensione totale, pulita da rami e
fogliame marcescenti, nonché di fornire legname pregiato
(castagno, quercia) destinato ai manufatti lignei occorrenti per il
Castello. La proprietà comunale (23 ettari circa) è
completamente boschiva con una prevalenza di latifoglie ed una
consistente presenza di pino nero. Vi sono querce plurisecolari (una di
oltre trecento anni), frassini, castagni, ontani, tigli selvatici e
qualche raro olmo, sopravvissuto alla recente epidemia, tutti di
notevoli dimensioni. Il sottobosco è ricco di piante aromatiche
e fiori. Per l’esposizione solare particolarmente felice e per la
presenza di grandi costoni arenarici affioranti il calore del terreno,
quasi mai innevato, consente la presenza di flora mediterranea
(olivastro, rosmarino spontaneo, melograno, mele cotogne).
All’interno del perimetro proposto per l’istituzione del
parco esistono tre sorgenti naturali di acqua potabile con ottime
caratteristiche; due di esse, la sorgente dei campi ed il
“fontanen del prev” sono abbastanza periferiche, una, la
sorgente di “zavatarlen” veniva captata con antichi
manufatti tuttora efficienti e, con un sistema manuale di pompaggio,
serviva il Castello. Ora detta sorgente viene utilizzata per la zona di
ristoro. Nell’area si sono rinvenuti reperti archeologici del
periodo “golasecca” che sono conservati al museo di
Casteggio. L’area di reperimento archeologico è
circoscrivibile. All’interno dell’area, oltre al Castello,
esiste un vecchio albergo-ristorante diroccato denominato “Fior
di Roccia” che il Comune intende acquistare per adibirlo a
foresteria del Parco e del Castello.
L’istituzione del parco, che, oltre ad includere un importante
monumento storico in avanzato stato di restauro, conserva integra una
flora plurisecolare costituendo un forte richiamo turistico per le
Vallate del Tidone, dello Staffora e per tutta la provincia pavese,
realizzerebbe pure l’importante obiettivo culturale di
valorizzare tutto il territorio.
Carlo Romagnese