Il Borgo di Romagnese e il Castello Dal Verme
(© Mariano Lerbini)
Romagnese Feudo Vermesco
In base alla tradizione che affonda le radici nella leggenda, l'antico borgo di Romagnese (“castrum romaniense”) avrebbe avuto origine da un accampamento di legionari romani, in fuga dopo la sconfitta nella battaglia del fiume Trebbia ad opera delle truppe di Annibale nella seconda guerra punica (218 a.C.).
Romagnese non è ignoto alla storia piacentina e pavese per via delle sue aggregazioni feudali. Vassalli di Romagnese furono a lungo i Landi, piacentini, per investitura ecclesiastica del Vescovado di Bobbio ed imperiale da parte di Lodovico di Baviera, nel 1327.
Il territorio fu poi dominato dai casati degli Eustachi, dei Bentivoglio, dei Riaro e dei Sanseverino.
Successivamente, nel 1383 il castello, il borgo e il territorio della Valle di Romagnese furono concessi in feudo da Gian Galeazzo Visconti al celebre condottiero Jacopo Dal Verme in premio delle sue benemerenze e delle imprese militari determinanti per l'espansione viscontea in Oltrepò, in aggiunta ai feudi di Rocca d'Olgisio (1378) e Val di Pecorara (1380).
In data ancora incerta, ma fra il 1395 ed il 1409 e prima che morte lo raggiungesse, il conte Jacopo Dal Verme promulgò gli “Statuti del Comune di Romagnesio”, un originale codice di leggi civili e penali severissime che garantì benefiche ripercussioni sulla vita sociale ed economica di Romagnese.
Il piccolo feudo Dal Verme seguì le fortune politiche della Signoria Viscontea, ingrandendosi con i territori di Zavattarello e Lazzarello fino a raggiungere la sua massima estensione con le concessioni fatte da Filippo Maria Visconti, Signore di Milano, delle città di Bobbio e delle terre di Voghera e di Castel San Giovanni, sottratte all'autorità e competenze dei Comuni di Piacenza, Tortona e Pavia.
Il castello
Non si conosce l'epoca esatta della di costruzione del Castello. Attualmente esiste soltanto un'ala superstite dell'antica rocca, a scarpata e in pietra locale, eretta a scopo difensivo dai Dal Verme tra il XIV e il XV secolo e che si suppone avesse soppiantato le rovine di una "casa-forte" abitata dai frati del Monastero di San Colombano, alla cui giurisdizione appartenne Romagnese con le sue terre fino al 1014.
Non è da escludere una origine ancora più antica, su una preesistente roccaforte di epoca romana da far coincidere addirittura con il leggendario “castrum romaniense”.
Il castello, che aveva probabilmente pianta ad "U" con ingresso principale a nord, è costituito oggi da un maestoso quadrilatero trapezoidale in pietra a vista: speronato alla base sui lati sud e ovest, ne conserva il relativo torrione che presenta la merlatura originale guelfa ricoperta da un'ampia tettoia, ricostruita nella seconda metà del XIX secolo. Un cordone orizzontale separa il muro verticale dal muro di scarpata.
Sulla facciata occidentale del castello è presente al piano terra un alto fornice che conduce alla farmacia, oltre ad alcuni finestroni rettangolari aperti ai piani superiori; lungo il lato sud del torrione sono presenti alcune strette feritoie, oltre a due aperture circolari di epoca recente.
Sulla controfacciata orientale, che si prospetta su un ampio piazzale interno alle mura (considerata la quota rispetto alla via sottostante presenterebbe le caratteristiche di una corte pensile), si apre un elegante portale in arenaria di probabile esecuzione settecentesca, coronato da un’ampia porta-finestra con balaustra, anch'essa in arenaria.
Entrando dal massiccio portone, realizzato in tavole di noce lavorate ad accetta, si accede ad un'ampia sala con volta in pietra a vista adibita a sala consiliare e, a destra, alla pregevole scalinata in pietra che conduce al primo piano, dove si trovano gli uffici comunali.
Una seconda entrata più modesta è posta sul lato sinistro della facciata e consente l'accesso a due locali siti al piano terra in cui trovano posto due associazioni locali (il Gruppo Alpini Monte Penice e la Pro Loco Alta Val Tidone): tramite una scaletta a gradoni si raggiunge il primo piano su cui si aprono due porte di servizio che conducono agli uffici comunali mentre, salendo ancora di un piano, si arriva all'ingresso del torrione al cui interno è stato allestito il Museo Civico di Arte Contadina.
Ai piani interrati del castello è presente una prigione, una stanza delle torture ed un sotterraneo che, secondo la leggenda, conduce direttamente alla frazione Costa.
Mariano Lerbini
Fonti bibliografiche:
• Enrico e Milla Crevani: Romagnese e la sua storia - dalle origini al 1900 – Tipografia editrice La Nazionale, Parma 1970;
• Mario Merlo: Castelli, rocche, case forti, torri della Provincia di Pavia – vol.7 - Oltrepò, terza parte – Edizioni Selecta 2009.