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Associazione Culturale VARZI VIVA
La paura aveva un nome: Pippo!
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Di episodi relativi alla Seconda Guerra Mondiale che hanno lasciato tracce più o meno profonde nel nostro paese e nelle zone
limitrofe, se ne possono raccontare molti, ma ne esiste uno in particolare che, per la sua ripetitività ha assunto una
dimensione quasi "familiare" ed è rimasto impresso nella memoria dei varzesi in maniera talmente radicata che ci ha spinto a
tentare una ricostruzione dei fatti, anche se, visto il lasso di tempo ormai trascorso, sono rimaste poche le "menti" al
corrente dei fatti.
Andiamo con ordine, riportandoci al periodo tra l’inverno del 1943 e la successiva primavera del ’44. Precisiamo che il
soggetto della nostra storia è una aereo militare al quale gli abitanti della zona avevano attribuito il nomignolo di
"Pippo".
Tale nome, a prima vista, può sembrare senz’altro simpatico ma, al contrario, non furono simpatiche per i varzesi le sue
incursioni sul nostro territorio, eseguite in modo continuo specialmente nelle ore notturne, talvolta a scopo di sola
ricognizione, ma spesso contraddistinte da bombardamenti e mitragliamenti.
I varzesi, dal canto loro, avevano subito intuito che i bersagli erano facilmente individuabili dalla luce che filtrava dalle
abitazioni e, oltre alla chiusura delle imposte, dovevano provvedere a sigillare con qualsiasi mezzo tutte le fessure che
davano verso l’esterno, standosene ben tappati in casa anche a causa del coprifuoco in atto.
Ma i varzesi non avevano a che fare con "Pippo" solamente all’interno della cerchia del paese. Infatti, faceva parte dei suoi
obbiettivi anche il monitoraggio delle montagne circostanti: "abbiamo subito mitragliamenti sia sul monte Penice, sia in
prossimità di Montecalvo Versiggia, …." ricorda Giglio Gatti, che all’epoca faceva parte della divisione partigiana
"Giustizia e Libertà - VI sezione".
Di tutto questo susseguirsi di incursioni aeree si ricorda inoltre un episodio molto triste, anche se non successo a Varzi.
Durante una di queste "passate" sopra Vesimo un paesino che si trova nel versante piacentino del monte Lesima, l’aereo
intravvide una luce fioca, ma visibile a tal punto da essere scambiata per un bivacco militare.
La furia e la ferocia di "Pippo" nel puntare e bombardare quella luce furono tali da non accorgersi che invece di militari si
trattava di un ritrovo di civili che, proprio nella sera della festa del loro paese, avevano montato il classico tendone per
ballare (chiamato cordialmente "il baracòn") che passava da paese a paese nei giorni di festa.
L’impatto fu tremendo, il bersaglio fu centrato come meglio non si poteva, con il risultato di lasciare sul posto diversi
morti e numerosi feriti.
La terminologia "tentare una ricostruzione" esposta all’inizio risulta senz’altro la più opportuna, poiché quando si è
trattato di attingere a fonti locali, abbiamo avuto il supporto di alcuni noti personaggi varzesi che hanno vissuto tali
avvenimenti in prima persona. Parliamo cioè di Piero Boveri, all’epoca figura di risalto delle file partigiane varzesi, Renzo
e Francesca Sacco in qualità di civili, oltre al già citato Giglio Gatti.
Quello che non è stato possibile verificare ed appurare sono tutti quei dati nel "contesto storico" del periodo riguardanti
l’aereo.
Di questo contesto infatti, durante le ricerche effettuate, sono affiorate alcune significative contraddizioni che hanno
impedito di riportare una stesura precisa dei dati stessi.
Inoltre, è da sottolineare la reticenza da parte dell’ambiente militare nel rivelare i retroscena strategici dell’aereo.
Comunque, per non lasciare nel completo digiuno storico, desumiamo, dalle frammentarie notizie in nostro possesso, che con
ogni probabilità tale aereo facesse parte dell’aeronautica italiana con base ad Ancona consegnatasi agli alleati e che questi
ultimi ne disponessero l’utilizzo.
Infatti, in questo periodo, avanzava speditamente verso nord il fronte degli alleati proveniente dal sud Italia, già liberato
dall’occupazione; ma, essendo la nostra zona ancora saldamente in mano alle truppe tedesche ed alla parte degli italiani
rimasti fedeli al fascismo, veniva a bombardare quelli che erano ancora i suoi nemici.
Quello che è certo è che il suo raggio d’azione interessava una zona piuttosto vasta, essendo stato avvistato, oltre che in
Oltrepò Pavese e nel vicino settore piacentino, anche fino in prossimità dell’entroterra genovese.
Del termine "Pippo" non è stata appurata neppure la sua origine e tanto meno la motivazione del significato di tale nome.
Ricordiamo, però, che nel periodo di guerra tutti (uomini e mezzi) avevano un soprannome; frequentissimi, ad esempio, quelli
dei partigiani. Tali soprannomi venivano attribuiti in virtù di particolari motivazioni, ma anche "affibbiati" a caso, come
potrebbe essere il caso di "Pippo".
Una cosa sicura di tutto questo susseguirsi di fatti, furono le forti ripercussioni emotive sfociate nell’animo della nostra
gente, emozioni talmente forti che, anche per un certo periodo dopo la fine delle ostilità, minarono la tranquillità dei
varzesi per la paura inconscia di un possibile ritorno di "Pippo" e dei suoi bombardamenti.
Fortunatamente, al giorno d’oggi, il termine "Pippo", viene usato solamente per "battezzare" alcuni personaggi animati o
amici "a quattro zampe" sicuramente più miti e più docili del nostro originale.
Marco Rossi (© 2000)
Maggiori dettagli sui bombardamenti della seconda guerra mondiale in: www.biografiadiunabomba.it
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