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Associazione Culturale VARZI VIVA
Curiosità sul Monte Penna e sulla sua foresta
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La vetta del monte Penna è un balcone naturale sulle valli del Ceno, del
Taro e dell'Aveto. Grazie all'altitudine elevata, nelle giornate di
particolare limpidezza si ha una veduta stupenda del mare e, in lontananza,
persino della Corsica.
Secondo le più antiche leggende questo monte venne adibito dai popoli Liguri
a tempio naturale, consacrandone la vetta quale abitazione del loro dio: il
mitico Pen. Infatti, il nome di questa divinità ricorre spesso nei luoghi
abitati dai Liguri, basti pensare alle Alpi Pennine, al Penice, alla catena
dell'Appennino e a località come Pentema, sulle pendici dell'Antola.
Altro monte caratteristico è l'Aiona, interessante geologicamente per
l'affioramento di rocce verdi della serie ofiolitica.
Nelle immediate
vicinanze, nei pressi di Prato Mollo e di Pietra Borghese, una roccia ricca
di sali di ferro rende inutilizzabile la bussola causa interferenze di
carattere magnetico.
Rimanendo sempre nei dintorni, un altro luogo molto suggestivo è "la Nave":
due costiere rocciose si allargano man mano per poi restringersi come i
fianchi di una grande imbarcazione.
Il Passo della Spingarda, con le località di Redecosse e di Castellonia,
fanno riferimento a fatti d'armi tra i Liguri ed i Romani, così come il
Passo dell'Incisa, della Cisa ed altri. I ruderi di un antico Ospedale
vicino alla Fontana del Beccio testimoniano, poi, l'esistenza di rifugi che
davano ospitalità ai viandanti.
I paesi più prossimi al monte Penna sono Casoni e Amborzasco, detto anche
Ambrosasco, dal celtico Ambros: uomo forte.
Sempre vicino a questo monte, oltre al Pennino e Trevine, si trova il monte
Groppo con caverne naturali che hanno evidenziato la presenza dell'uomo fin
dall'antichità.
Lo sfruttamento del legname del monte Penna ebbe inizio quando alcune
persone affittarono parte della foresta dai Doria, subentrati ai Fieschi nel
feudo di Santo Stefano. Gran parte del legname veniva utilizzato nei
cantieri navali di Genova e di Chiavari, famosi soprattutto per la
fabbricazione dei remi, con una produzione di circa trecento dozzine
all'anno.
Fra i primi a valorizzare la foresta del monte Penna fu un certo Boccia
che, nel periodo napoleonico del Ducato di Parma e Piacenza, ebbe il compito
di redigere relazioni dettagliate sul territorio.
Successivamente, con atto del 1853, la foresta del Penna e le miniere di
ferro e rame di Ferriere vennero cedute ad un privato che, morto giovane,
lasciò tutto in eredità ai figli i quali, a loro volta, vendettero quanto
ereditato.
Dopo vari passaggi, le foreste e le miniere finirono nelle mani di una
società inglese, il cui direttore visse a Santa Maria del Taro per circa 30
anni, lasciando un buon ricordo per le sue qualità umane ed imprenditoriali.
L'estrazione del rame, purtroppo, non dette mai un buon risultato, tanto che
l'attività della società si concentrò sullo sfruttamento del legname e ciò
finì per compromettere l'assetto originario della foresta di faggi secolari
e di grandi abeti bianchi.
La lavorazione del legno durò anche quando nel 1897 subentrarono
imprenditori tedeschi che, dalla distillazione dei legname, ottenevano acido
pirolegnoso, alcool metilico ed altri prodotti.
Dopo varie vicissitudini la foresta impoverita passò al Demanio nel 1956.
Attualmente si presente come un bosco ceduo di piccoli faggi al posto della
precedente grande fustaia.
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