Marina Regno   Associazione Culturale VARZI VIVA
 Carla dal ciuffo e
 S. Giorgio con il drago

 di Marina Regno


In un paesino nella campagna della padana, tra il Po e il fascio di colline brulle e aspre della Val Stàffora vige il culto di San Giorgio e il drago ma come si è arrivati a questo è raccontato qui...

S. Giorgio

Lei, all'approssimarsi delle stagioni di mezzo, aveva sempre bisogno di una cura ricostituente. Quell'anno aveva deciso di ricorrere alle iniezioni poiché, a detta del medico, sarebbero state in grado di ristabilirla velocemente. In casa nessuno aveva mai fatto niente di simile perciò pensò alla Piera. Piera le piaceva perché aveva lo sguardo limpido e chiaro, sfuggente e modesto, come le stelle nelle notti di S. Lorenzo. E poi credeva ai miracoli e alle cose strane e lei, Maria (così si chiamava la ragazza) strana lo era per davvero. Soprattutto in quei periodi dell'anno, come dicevo, nei quali l'inverno non è ancora primavera e l'estate non è ancora autunno, era vittima di fenomeni alquanto particolari e incomprensibili.

Verso sera, quando l'aria si faceva più densa di strani presagi, lei, alzando gli occhi al cielo, vedeva, tra il pallido chiarore delle nubi sfuggenti, qualcosa di denso e simile a polvere. Quello strano miscuglio, a mano a mano che, dalla linea lontana dell'orizzonte si approssimava, sembrava crescere in altezza e spessore. Poi, quella grande nuvola, sulla cui superficie si notavano lampi giallastri e terrificanti, pian piano si depositava ai suoi piedi e ne usciva San Giorgio in groppa al grande drago.

San Giorgio era veramente un santo imponente. I capelli biondi che lasciava cadere sulle spalle tenere e forti, il pallore del volto, stanco per la cavalcata nei cieli, gli occhi fiammeggianti di orgoglio, tutto in lui sprigionava odore di santità.

E il drago? Oh Il drago era fantastico. Una bestia enorme, con le scaglie verdognole, due occhi buoni ma iniettati di sangue, la lingua guizzante e biforcuta pronta a mordere l'aria. Fra i tre si era creato un rapporto di tutto rispetto e questa storia andava avanti ormai da ben sette anni, senza che nessuno si fosse accorto di niente e in un paese così piccolo non era proprio il caso. Come minimo l'avrebbero considerata matta. Li aspettava, oh come aspettava quelle stagioni sfumate con un'ansia sempre nuova e tenera, accoccolata sull'aia di casa incerta e speranzosa come a un appuntamento d'amore! Guai se S. Giorgio tardava! Subito le prendeva la paura allo stomaco e si metteva a frignare come un bambino. Non che parlassero molto. Lui la metteva al corrente delle sue vicissitudini astrali confidandole che era stanco, davvero molto stanco di continuare a scorrazzare per i cieli senza soste e a Maria pareva incredibile che a un santo facesse difetto di essere tale. "Tu sei fortunato" gli diceva "Non vivi e non muori, vai dove vuoi e nessuno ti morsica il didietro. Parli con gli angeli e i serafini, puoi abitare sulla luna e guardare in faccia il sole senza bruciarti. Cosa vuoi di più"? S. Giorgio si guardava le mani, diafane e belle nella luce del tramonto e sospirava: "Cara Maria, che vuoi, sono fatto d'aria e d'aria devo rimanere ma che credi, mi piacerebbe essere per un poco come te, respirare per un momento quest..." "Ma quest'aria è inquinata"! lo interrompeva. "Sì, ma è viva capisci? E io non lo sono". e continuavano così invidiandosi a vicenda l'un l'altro. Il Santo poi rimontava in sella urlandole, prima di sparire dentro la nuvola un " Ci rivediamo fra sei mesi" e immancabilmente tornava all'appuntamento ma sempre più triste negli occhi buoni.

In uno di quei giorni Maria si recò dalla Piera per l'iniezione. Qualcosa la rodeva dal di dentro, simile a un topo che rosicchia incessante e instancabile. Forse era il suo segreto a pesarle e, per un arcano disegno, decise di raccontarle tutto; in fondo le pareva sincera. Disgraziatamente la finestra era aperta e di lì, per caso, si trovava a passare la Carla dal ciuffo che viveva dirimpetto. In paese non era ben vista per le arie di alterigia che si dava nonostante fosse solo quel chignon, già rigato d'argento, a renderla alta e impettita come un vecchio cappone. Aveva vissuto diversi anni all'estero e questo, nella sua semplicità, bastava a farle credere di essere superiore a quegli zoticoni di paese. Naturalmente (e non lo doveva fare) si mise ad ascoltare la ragazza e apprese così di San Giorgio, del drago e della nuvola. "Uhm, chi si crede di essere quella" pensava con malanimo. "Che deve avere in più di me per riuscire a vedere qualcosa che mi sfugge"? "Una poverella senza arte né parte che, a quanto mi risulta, non riesce neanche a fare una o col bicchiere... e io"? "Ah! Io vengo..." mettendosi ad enumerare pregi e virtù della sua esistenza, la casa, la famiglia, i sacrifici, la vita all'estero... "Per minimo che doveva capitare era a me, a me (ammesso che tutto ciò sia vero) che San Giorgio doveva comparire non a quella stupida", finché, staccatasi dal muro, continuò così fino a casa, rimuginando sul modo di averla vinta. Le venne allora un'idea. Parlarne al parroco, divulgare la storia, rendere ridicola la Maria cosicché lei si sarebbe pressa il merito, agli occhi della gente, di aver portato alla luce una fandonia simile. Se invece la storia fosse stata vera il merito si sarebbe raddoppiato per la straordinaria possibilità di godersi il miracolo. Poi, si intende, avrebbe chiesto qualche favore al Santo, così... semplicemente.
Era già buio quando uscì dalla porta diretta alla canonica ma, ogni tanto, alzava gli occhi là dove il cielo disegna una curva che ti sembra non possa mai avere fine, sperando, dentro il pallido cuore, di veder comparire San Giorgio con il Drago. Arrivò dal prete, un ometto grifagno con la punta del naso sempre rossa e gli raccontò quello che aveva sentito. Il curato per un pò se ne stette zitto poi disse: "Lei capisce, cara, quello che mi ha or ora detto è di grande interesse ma vede... son cose da prendere con le pinze. Insomma, la Maria è una visionaria o il santo l'ha visto sul serio?
Permetta che la interroghi io, anche perché..." E si zittì un attimo " Se quello che vede è vero bisognerà che avverta Roma, il Papa, che mandi qualcuno qui ad appurare e poi, lei, cara, sa che ha peccato nell'ascoltare ciò che non la riguardava"? La Carla si riprese subito "Non ho origliato Don Lino! Passavo di là e, senza volerlo, ho sentito quella sciocca blaterare e poi"... arrabbiandosi "Perché deve vederlo solo lei il Santo e non tutti? Cos'ha di speciale? Don Lino, mi dia retta non faccia le cose difficili. Convochi la Maria subito, qui in Chiesa e si faccia raccontare. Se permette verrò con lei perché a me è facile capire se la gente mente. Io capisco tutto". E priva di vergogna, gialla e flaccida come un pollo in gelatina, lo seguì.
Nei loro cervelli già si stagliavano, come enormi vette, le possibilità di un simile evento. Entrambi, senza che se lo confessassero, pensavano al modo di rendere innocua la Maria una volta che (sempre se era vero così si dicevano) lei avesse portato il Santo da loro. Don Lino pregustava il momento della venuta del Santo Padre che, gloria sua, avrebbe deposto la mano, gonfia per le troppe benedizioni elargite, sul suo capo nominandolo Vescovo o magari, eh magari... Cardinale, mentre la Carla aveva in mente una sfilza di richieste a dir poco incredibili.

Il prete, comunque sfiancato e insonnolito da tante novità, mandò a chiamare la ragazza che accorse spaventata, simile a un uccellino malnutrito. In Chiesa c'erano solo loro tre più le statue immobili e ghiacciate dei santi. S. Pietro, S. Teresa, il Sacro Cuore e S. Antonio da Padova e tutte, proprio tutte, guardavano a Maria quasi con rimprovero e parevano dirle "Che hai fatto, che sei andata a raccontare. Doveva essere un segreto, una dolce grazia e tu hai rovinato tutto". Ma nell'angolo più buio brillava la Vergine, con la tunica bianca striata di blu,, un piede avanti a schiacciare il serpe e lei stranamente le sorrideva. "Dunque Maria, mi dicono che hai visto San Giorgio è così"? Iniziò Don Lino con la superiorità conferitagli dal suo ordine. Maria lo guardò terrorizzata e poi colse lo sguardo di Carla, viscido e impudente. "Io, veramente io..." Si sentiva pesante e infreddolita mentre le pareva che anche gli affreschi prendessero vita preparandosi alla vendetta. "Che ho fatto Mio Dio, che ho fatto? Senz'altro la Carla è arrivata nel momento in cui... Oh non è possibile"! E le parole martellavano nella testa senza sosta. "Ho sfidato la sua Grandezza, perché, perché non ho taciuto... ma ormai è troppo tardi. Vogliono da me una confessione"? E vedendosi intrappolata... "D'accordo, l'avranno". "Sì, don Lino è vero. San Giorgio e il drago mi appaiono la primavera e l'autunno di ogni anno, da ben sette anni" "E hai taciuto tutto questo tempo? Non sai che certe cose non vanno tenute nascoste per il bene dell'intera umanità? Rischi una scomunica, lo sai questo"? Urlava don Lino mentre Carla sogghignando sussurrava: "Che le ho detto Don Lino, questa strega voleva tenersi San Giorgio tutto per sé". "Ebbene, Maria ti do una possibilità di riscatto. Non scomoderemo Sua Santità per così poco (per ora perché se non fosse vero che figura ci farei). Ci laveremo i panni in casa. Sta a sentire. La prossima volta che vedi il Santo gli dirai che l'intera popolazione vuole conoscerlo per i dovuti festeggiamenti. Tutto il paese, nei prossimi giorni e fino a quando apparirà, si troverà nella piazza grande al primo rintocco dell'Ave serale. Se quello che racconti è vero, verrà" insinuò maliziosamente. "E' vero, è tutto vero ma..." la voce di Maria si incrinò nello sforzo di trattenere le lacrime. "Ma"? Fecero eco le voci minacciose dei due "Ecco, non è così semplice. San Giorgio lo vedo, sì, ma tra noi... non so come spiegare... lui viene ma per me, non è abituato a comparire davanti a tutti, è timido e poi è fiero, non accetta che le cose gli vengano imposte..." Tentò di salvarsi ma i due, implacabili: "Se non verrà, tu sarai considerata una persona poco affidabile che ha messo in giro una voce per il solo gusto di mettersi in mostra e... sai cosa ti capiterà Maria"? "Cosa"? Fece lei di rimando ma con una strana oppressione nel cuore "O la scomunica o la fuga, cara, ecco cosa ti riserverà il futuro". "Va bene, farò come voi mi dite, tenterò" e uscì dalla chiesa dove ormai le ultime fiammelle dei ceri si erano spente. Passavano i giorni e l'autunno stava diventando ormai un autunno vero, con le foglie gialle che cadevano, paf, dai rami e neanche gli uccelli, nella spasmodica attesa del santo, avevano più voglia di cantare. Maria lo aveva aspettato invano ma quello, quasi presentisse la triste e vacua novità, se ne stava ben nascosto. Ogni sera, lei insieme agli altri che ormai conoscevano la storia e si premuravano di beffeggiarla, stava con gli occhi appiccicati al cielo sperando in un miracolo. Finché... prima che l'inverno arrivasse a inghiottire l'intero paese... si vide arrivare come un groviglio di nebbia soffice sulla quale sedevano San Giorgio e il Drago. Un tepore profumato di rose aleggiò nell'aria. "E' lui, è San Giorgio"! cominciò a urlare la folla sempre più frenetica. Maria fu l'unica ad abbassare lo sguardo e pregò: "Grazie Signore". Don Lino, non riuscendo a sostenere quella meraviglia, svenne mentre la Carla, vestita dell'abito nuovo sfoggiato per l'occasione ma ormai vizzo per le sere di attesa, stava pensando cosa avrebbe chiesto al Santo una volta atterrato. "Per cominciare... sì una macchina, nuova, per mio figlio sì, sì, in fondo me lo deve. E' per me che lui si trova qui ora, pensa che pubblicità" gongolava. Finalmente, quel meraviglioso essere, armato di una spada fiammeggiante, si posò a terra, lieve come una farfalla nel vento. Gli occhi gli lucevano, febbrili e sicuri mentre si guardava tutt'attorno davanti a quelli che, non sapendo più che dire, lo contemplavano inebetiti. Poi, lo sguardo si posò su Maria "Perché piangi dolcissima fanciulla? Non ti ho deluso, come vedi. Sono qui, vicino a te e confesso che tutto ciò, lungi dal farmi arrabbiare, mi ha fatto capire diverse cose sugli uomini. Meglio è fare il santo che diventare come voi che non credete se non vedete. Maria, come hai potuto cedere a uno stupido ricatto, proprio tu... che mi hai sempre accettato per quello che ero"!? Non aveva ancora finito di parlare che, invadente ma titubante, gli si avvicinò la Carla "Senta Eccellenza, no Cavaliere... insomma io avrei un favore da chiederle" "Dimmi cara tutto quello che vuoi" Le spiace se ce ne andiamo via di qui? Devo dirle cose molto confidenziali e non mi va che gli altri ascoltino" "Va bene" fece San Giorgio con uno strano luccichio negli occhi. "Sali pure" "Come, su quel coso"? E, seguendo San Giorgio, già in procinto di partire, la Carla, grassa e molle montò sul drago avvolgendo, con le corte braccia, la vita del Santo.

Erano ormai un puntolino lontano quando il ciuffo della donna, nell'impeto del vento, si disfece, svolazzando a zig zag nell'aria furiosa come l'ala di un uccello ferito. Poi scomparvero nell'immensità della notte.