Per alcuni è una fortuna poter raccontare quello che gli è accaduto. Per altri è utile poter ascoltare l’esperienza
dell’altro. Questo sembra essere ancora più vero tra i protagonisti della "nuova italianità". È la stessa Cristina
Romano a confermarci la realtà dei discendenti degli emigranti che partirono per l’esigenza di trovare lavoro.
Molti non se ne ricordano più, ma un tempo gli italiani erano un popolo di emigranti: gente molto povera che
lasciava tutto e andava a cercare fortuna "in terre molto lontane". Cristina Beatriz Martinez de Romano è la
bisnipote di due emigranti varzesi, che si è trovata tra due identità, obbligata a confrontarsi con la comunità di
origine, molto legata alle vecchie tradizioni, ma anche con i pregiudizi che non mancano mai in un paese
multiculturale come è l’Argentina. Poi, certamente, c’è la famiglia: una madre troppo preoccupata di quello che
dice la gente, un fratello al quale non importa nulla dell’Italia e poi gli amatissimi zii, zie e cugini. Ma Cristina è
una donna di ferro e dopo i due viaggi in Italia, a Varzi, ha finalmente trovato la risposta a una domanda che si
faceva ogni giorno: "Chi sono veramente ?"
Cristina Romano, bisnipote di Maria Maddalena Moggio e di Germano Perelli, emigrati in Argentina nel 1884, si
è laureata in Medicina all’Università di Buenos Aires, specializzandosi in Psichiatria. E non ci fermiamo qui. È
coautrice di libri e di molti saggi tecnico-scientifici e attualmente è anche docente nei corsi di Medicina
dell’Università di Buenos Aires dove esercita la sua specializzazione.
Quando ha iniziato a pensare all’Italia, a Varzi ?
L’interesse per le origini, la curiosità e il desiderio di conoscenza sull’Italia e sugl’italiani è sempre presente in
tutti gli argentini, poiché l’Argentina è l’unico paese al mondo, dopo l’Italia, dove la presenza di cittadini di origine
italiana non solo è grande, ma è la maggioranza. Le forti ondate immigratorie raddoppiarono la popolazione
argentina tra il 1869 e il 1895. Tra le nazionalità di origine l’immigrazione italiana rappresentò il 59,36 % e la
spagnola il 40,64 %. Solo tra il 1857 e il 1920 arrivarono nel paese 2.341.125 italiani e le ondate migratorie
continuarono fino al 1960. Attualmente quasi la metà della popolazione è di origine italiana.
L’immigrazione che si stabilì soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo XIX fino alla fine della seconda
parte del secolo XX, si è estesa a tutte le regioni argentine, fino alle più lontane.
L’immigrante italiano, spinto dal
desiderio di raggiungere migliori condizioni di vita non solo ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo
economico dell’Argentina, ma ha anche versato nell’ambiente locale la sua italianità, intesa come un sistema di
valori, come un modo di essere e di agire, fatto di dinamismo, di creatività, di innovazioni e di comportamenti
che si adattarono rapidamente alle situazioni e che hanno inciso nell’"essere argentino" di ieri, di oggi e di
domani.
L’aspetto fisico, l’abitudine di prendere un caffè con gli amici, pregustare una pizza, assaporare un
gelato o mangiare in famiglia la pasta della domenica ormai non sono più patrimonio di una collettività in
particolare, ma si sono integrati alle nostre abitudini in tal modo che nessuno si mette a pensare se li abbiamo
ereditati o se ci appartengono da sempre.
Nel mio caso in particolare, ho sentito in un momento della mia vita la necessità di guardare indietro e riscattare
nello spirito del popolo italiano la tenacia, la vocazione alla fatica e al lavoro dei miei bisnonni e nonni.
Conoscere la terra dove erano nati era un omaggio, un debito di gratitudine che io avevo verso quelli che
avevano contribuito dal loro umile borgo alla costruzione di questo paese e in modi diversi a quello che io sono
ora.
Come vive il suo rapporto con la comunità italiana ?
Le vicissitudini della politica in Argentina e il vuoto che la politica estera italiana ha permesso che si formasse
negli ultimi anni hanno reso difficili le relazioni tra i due paesi. L’Italia ha perso la sua presenza sia in campo
culturale, sia in campo economico. Tuttavia, la prevalenza dei discendenti di italiani e i vincoli di sangue, ancora
vivi, favoriscono la permanenza di associazioni italiane, alcune centenarie, che mantengono una forte attività
culturale. Le comunità italiane provinciali si ritrovano unite, realizzano riunioni e organizzano distinti eventi.
Anche se nella comunità si riproducono le rivalità regionali e i pregiudizi che ci sono in Italia, alla fine tutta la
comunità italiana si ritrova unita. Un esempio è stata la presenza massiccia delle diverse collettività
(piemontese, lombarda, calabrese, siciliana,…) alla sfilata della bandiera italiana più lunga del mondo che si è
svolta il 5 novembre 2000 a Buenos Aires. L’evento ha riunito circa 20.000 persone che sono giunte da tutti i
punti dell’Argentina per portare la bandiera di 1500 metri.
Come gestisce la sua cittadinanza italiana ?
Con molto orgoglio e convinzione. Secondo la legge di cittadinanza del 1912 e le successive modificazioni ho
potuto richiedere la cittadinanza italiana, e adesso ho doppia cittadinanza; infatti non potrò mai rinunciare ad
essere argentina, perché lo Stato argentino non permette alle persone nate in Argentina di rinunciare a questa
cittadinanza. La doppia cittadinanza è un simbolo dell’identità nazionale, della cultura e della tradizione italiana
che ci hanno lasciato i nostri avi.
Quali sono i suoi rapporti con le Associazioni?
Ci sono moltissime Associazioni. Solo a Buenos Aires e provincia ce ne sono più di 300. Personalmente studio
l’italiano all’Associazione Culturale Dante Alighieri e partecipo agli eventi culturali che organizza. Sono anche in
contatto con l’Associazione dei Laureati Italiani, dove ho seguito un breve corso di lingua. In generale, le
Associazioni compiono un ruolo di ponte tra due culture.
Ha delle richieste particolari o delle necessità da avanzare, anche in rappresentanza della nuova emigrazione?
C’è molto da fare per recuperare lo spazio culturale e la presenza che l’Italia ha sempre avuto in Argentina e che
in questi ultimi anni ha perduto.
In questo senso merita menzionare il lavoro che sta facendo l’attuale Ambasciatore italiano in Argentina, il dottor
Giovanni Jannuzzi. Questo scrittore, lavoratore instancabile, raffinato e colto, nella sua gestione in Argentina sta
costruendo ponti che non si romperanno mai. Per esempio, è riuscito a far circolare "Il Corriere della Sera" tutti i
giorni con il quotidiano argentino "La Naciòn" con un costo addizionale di 20 centesimi. Prima di questa
gestione, i quotidiani italiani arrivavano tardi e costavano molto. Ha anche risolto il problema della RAI, prima
trasmetteva 2 ore al giorno e la banda oraria era la stessa dell’Australia, mentre attualmente la trasmissione è di
24 ore al giorno.
Se dovessi chiedere qualcosa è che si segua il lavoro cominciato dal dottor Jannuzzi e che in Italia le nuove
generazioni abbiano l’opportunità di conoscere e studiare sull’emigrazione in generale e dell’Argentina in
particolare. Nei miei viaggi ho notato che la gente più giovane conosce poche cose degli italiani all’estero e
soprattutto di quelli in Argentina, protagonisti di una vera epopea. Senza andare tanto lontano, la Lombardia, che
non ha dato nessun presidente all’Italia, ha dato invece due presidenti alla Repubblica Argentina: Carlo Pellegrini
e Arturo Illia.
Personalmente mi piacerebbe partecipare in modo più attivo nei progetti di conoscenza e promozione dei luoghi
di origine dei nostri avi. In qualche maniera, lo spazio che mi ha dato l’Associazione Varzi Viva, mi permette di
contribuire a mantenere l’identità, la cultura, le tradizioni italiane. Uno dei compiti in sospeso, la traduzione allo
spagnolo delle pagine web di Varzi Viva, in questo senso è una contribuzione.
Cosa pensa del voto politico "in loco", attraverso la Circoscrizione Estero?
Il voto politico "in loco" può essere una opportunità per gli italiani all’estero di partecipare alle elezioni in una
maniera più accessibile, poiché non sarebbe necessario andare in Italia.
La presenza della circoscrizione estero permetterà una maggiore partecipazione alla cura degli interessi dei
cittadini residenti all’estero e inoltre, con la modifica dell’art. 48 della Costituzione si può ravvivare il fuoco
dell’italianità, addormentato, ma non spento.
Cosa può dire dell’informazione dall’Italia?
Uso Internet tutti i giorni per lavoro e per ricerca e mi sono abituata a ricevere le notizie dall’Italia tutte le sere per
posta elettronica.
Fino a poco tempo fa i giornali italiani erano cari arrivavano con ritardo. Attualmente circola quotidianamente Il
Corriere della Sera insieme con il quotidiano argentino La Naciòn e La Repubblica con El Clarìn. Esistono altri
giornali che si pubblicano in Argentina come: Tribuna Italiana, L’Eco d’Italia, La Voce d’Italia,…
Del servizio offerto dalla RAI Internazionale, siete soddisfatti?
Negli ultimi anni è migliorato molto in quantità di ore e qualità dei programmi. Offre programmi culturali come
"Questa Italia", "Sereno Variabile", "Linea Verde", "Linea Blu",…
Per concludere, quali sono state le sue impressioni su Varzi e sui varzesi.
Durante l’Agosto 2000, mio marito, mia figlia ed io siamo tornati a Varzi. In questo secondo viaggio, la serena
sensazione di familiarità che si sente al tornare in un luogo che non ci è estraneo ha preso il posto alla sorpresa
e alla perplessità che ho sentito la prima volta che sono giunta a Varzi.
Le attenzioni dei Dirigenti di Varzi Viva, i fratelli Sergio e Luigi Panigazzi, la signora Leveratto Mangini, che ci ha
aperto generosamente le porte della sua casa, il Sindaco Giuseppe Tevini e tutta la gente di Varzi in generale
hanno fatto in modo di farci sentire parte del popolo. Infine, con i miei parenti, mentre dividevamo le storie, le
facce, i destini che ci hanno uniti, abbiamo ritrovato i legami di una catena che né il tempo, né l’Oceano hanno
potuto rompere. Non ho dubbi che mio marito, mia figlia ed io abbiamo un posto a Varzi e che Varzi ha un posto
nei nostri cuori.
Antonio Di Tomaso (© 2001)