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Associazione Culturale VARZI VIVA
L’araldica della casa Malaspina
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Occorre considerare che l’araldica oggi ha regole ben definite, ma non così era nei secoli in cui la famiglia
Malaspina si impose ed iniziò a ramificarsi. In quelle lontane epoche l’adozione di questo o quello stemma era
lasciato in gran parte all’arbitrio degli interessati, che non sempre rispettavano quelle che, in seguito sarebbero
diventate norme di rigida osservanza.
Non è facile trattare delle arme usate dal casato Malaspina. Occorre infatti considerare che l’araldica oggi ha
regole ben definite, ma non così era nei secoli in cui tale famiglia si impose ed iniziò a ramificarsi. In quelle
lontane epoche l’adozione di questo o quello stemma era lasciato in gran parte all’arbitrio degli interessati, che
non sempre rispettavano quelle che, in seguito sarebbero diventate norme di rigida osservanza.
Di fatto, non soltanto ogni ramo della famiglia adottò elementi araldici differenti da quello di provenienza, ma,
addirittura, li modificò nel corso dei secoli. Conosciamo perfino casi in cui lo stesso personaggio, in successivi
anni, adottò arme diverse, pur non abbandonando mai l’elemento distintivo del casato, vale a dire lo spino.
Tuttavia, prima di passare a dare qualche informazione sugli stemmi dei Malaspina, appare utile qualche
precisazione. Lo "stemma" araldico comprende, oltre allo scudo, che è l’elemento principale, anche altri elementi
secondari (elmo, cimiero, svolazzi, motto, ecc.) i quali non sempre compaiono. In questa sede ci limitiamo a
trattare dello scudo.
Esso in origine era di forma sannitica, in seguito comparve anche in forma ovale. Nelle illustrazioni che
accompagnano queste note ci si attiene allo scudo sannitico. Sembra assodato che, prima della storica
divisione del 1221 (la quale diede origine alle due grandi diramazioni dello spino secco e dello spino fiorito), lo
stemma malaspiniano fosse di assai semplice fattura: uno spino secco (di color nero) in campo d’oro. Lo spino
aveva tre rami sul lato destro e due su quello sinistro (vedi fig. 1).
Si badi bene che, in araldica, le parole "destra" e "sinistra" hanno valore inverso a quello comunemente inteso:
infatti, per definire la "destra" e la "sinistra", occorre porsi idealmente nella collocazione di chi porta lo scudo,
ossia, in altri termini, sulla visuale opposta a chi lo osserva.
Dal 1221 il ramo dei marchesi che governavano i territori posti sulla sponda destra del fiume Magra
conservarono lo spino secco (salvo le modifiche di cui accenneremo), mentre i Malaspina che governavano sulla
sponda sinistra del fiume adottarono lo spino fiorito. Quest’ultimo in genere non è nero ma verde, ha i rami
specularmente disposti rispetto all’altro e, in più, ogni rametto è ornato alla sommità da tre piccoli globi argentei
o bianchi, che simbolizzano la fioritura.
Più o meno in quel tempo compare nell’arma l’aquila bicipite nera in posizione di volo abbassato (ossia con le
ali dispiegate); essa simbolizza il Sacro Romano impero, di cui i Malaspina erano vassali. Detta aquila talvolta
occupa il terzo superiore dello scudo (vedi fig. 2), talvolta la metà e talaltra abbraccia lo scudo intero (vedi fig. 3).
I Malaspina dello spino secco introdussero ben presto nel loro scudo la figura del leone bianco rampante ed
incoronato. Tale privilegio fu loro concesso da Luigi IX re di Francia, quale riconoscimento per l’aiuto fornito da
Corrado Malaspina alla spedizione d’Egitto (vedi fig. 4).
Altre modificazioni furono introdotte per quanto riguarda il colore del campo: mentre i Malaspina dello spino
fiorito divisero il campo in due colori, confinando l’oro nella metà superiore dello scudo, e colorando di rosso
quelle inferiore (vedi fig. 5), i Malaspina dello spino secco (ma non tutti i rami) introdussero una fascia rossa nel
mezzo del campo, di guisa che l’oro rimane nel terzo superiore ed in quello inferiore.
Come abbiamo già osservato, molte altre modificazioni si ebbero anche successivamente. Ma di questo
parleremo in altra occasione.
Dario Manfredi (© 1997)
Dal bollettino ufficiale di cultura e informazioni dell’Associazione
"Domus Malaspiniana" anno I n. 1 - aprile 1997
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